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Dalla programmazione disciplinare al curricolo

di Franca Da Re

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Una logica da superare

Il concetto di curricolo è maturato nel corso degli anni a livello nazionale e internazionale fino a raggiungere un’articolazione consistente e significativa. Da un’accezione restrittiva e malintesa – anche se ancora presente nella pratica e nell’immaginario delle scuole – che faceva coincidere il curricolo con la programmazione didattica, ovvero con la mera esplicitazione degli obiettivi didattici riferiti alle diverse discipline, si è passati a una definizione molto più ricca e articolata, che connota il curricolo come il compendio della progettazione e della pianificazione dell’intera offerta formativa della scuola. Il curricolo, quindi, è il cuore della progettualità scolastica e definisce le finalità, i risultati di apprendimento attesi per gli allievi, le strategie, i mezzi, i tempi, gli strumenti e i criteri di valutazione, le risorse interne ed esterne e la rete di relazioni che permetteranno agli allievi di conseguire le competenze.

Compito delle istituzioni scolastiche è formulare curricoli nel rispetto delle Indicazioni Nazionali, mettendo al centro del processo di apprendimento gli allievi, le loro esigenze e peculiarità, in collaborazione e sinergia con le famiglie e il territorio, in un’ottica di apprendimento permanente lungo tutto l’arco della vita.

In questo senso, è necessario superare la logica della programmazione disciplinare a favore di una progettazione organica e integrata che si struttura a vari livelli, con la collaborazione e l’interazione di diversi attori, ambienti e risorse dentro e fuori l’istituzione scolastica.

Si tratta di definire processi e risultati di apprendimento prima che di insegnamento, ponendo al centro dell’attenzione le motivazioni degli allievi, i loro punti di forza e di debolezza. Il curricolo predispone, organizza e riorganizza opportunità formative diverse e articolate, attraverso le quali l’allievo possa realizzarsi e sviluppare il suo personale percorso, in autonomia e responsabilità e nei diversi contesti relazionali (la classe, il gruppo dei pari, gli adulti ecc.). La progettazione curricolare tiene conto, inoltre, delle modalità di assunzione e riconoscimento degli apprendimenti conseguiti in contesti formali e non formali.

Tutto ciò, nell’ottica dell’apprendimento per competenze, richiede un’organizzazione flessibile dell’Istituto, una progettazione basata sul lavoro sinergico dei dipartimenti, dei gruppi di classi parallele, delle commissioni, dei consigli di classe o équipe pedagogiche, dei singoli docenti. Ciascuna di queste istanze organizzative costruisce i diversi aspetti del curricolo, dai più generali a quelli relativi all’attività quotidiana, superando la logica della frammentazione disciplinare, per tendere invece a una didattica finalizzata alla costruzione di competenze. La progettazione curricolare richiede anche la cooperazione all’interno di reti di scuole sul territorio, per mettere a punto offerte formative coerenti e condivise in comunità professionali e educative più ampie possibili.

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L’identificazione delle competenze da perseguire
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Nella costruzione del curricolo, inteso come progettazione e pianificazione organica, intenzionale e condivisa del percorso formativo degli allievi, la prima operazione da compiere è l’identificazione delle competenze da perseguire. Non sarebbe corretto partire dalle discipline: queste sono al servizio della competenza, forniscono i linguaggi, gli strumenti, i contenuti e i concetti, ma ciò che innanzitutto bisogna avere chiaro è il risultato finale dell’apprendimento, rappresentato, appunto, dalla competenza, che viene anche richiesto di certificare.

Attualmente la normativa prescrive di certificare le competenze in uscita dalla scuola primaria, dalla Scuola secondaria di primo grado, dal biennio dell’obbligo e alla fine del secondo ciclo di istruzione. Per l’uscita dall’obbligo, con DM 9/2010, il MIUR ha emanato un modello di certificazione, che si basa sulle competenze degli assi culturali previsti dal DM 139/07. Tuttavia, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione, esiste un problema di metodo. Le Indicazioni del 2007 e anche il testo revisionato del 2012, che pure, come abbiamo già detto, nella Premessa fa esplicito riferimento alle otto competenze chiave europee, parlano di competenze e di didattica organizzata per perseguirle, fissano dei traguardi di competenza anche se ancorati alle diverse discipline, ma non indicano quali siano queste competenze, né lo scopo per cui è utile perseguirle nella didattica, né lo scopo per cui certificarle.

Il DM 139/07, invece, indica le competenze riferite ai quattro assi culturali (linguaggi, matematica, scientifico-tecnologico, storico-sociale) e prevede otto competenze di cittadinanza da conseguire al termine dell’obbligo: comunicare, imparare a imparare, risolvere problemi, progettare, acquisire e interpretare l’informazione, costruire nessi e relazioni, collaborare e partecipare, agire in modo autonomo e responsabile.

Le competenze degli assi culturali vengono declinate, secondo la Raccomandazione europea del 23.04.2008, in abilità e conoscenze, mentre le otto competenze di cittadinanza vengono solo definite. Il DM 139/07, nella Premessa, cita le otto competenze chiave europee, ma non ne fa mai esplicito riferimento. Il documento articola in dettaglio le competenze specifiche degli assi culturali facilmente riconducibili alle discipline, ma lascia indeterminate le competenze di cittadinanza, che rappresentano l’essenza della competenza. Il rischio che si può correre è che la didattica rimanga centrata sulle discipline e che le competenze degli assi culturali restino delle buone abilità. Le otto competenze dell’obbligo, inoltre, potrebbero essere facilmente ricomprese nelle otto competenze chiave europee, così come del resto quelle degli assi culturali.

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